Cambiare la legge
o seppellire il cinema
"Un’impresa di successo non è costruita solo sul profitto, ma sulla verità e sulla giustizia nei confronti di chi vi lavora e di chi ne beneficia."
Con quello che avevamo definito “ragionamento di sistema” abbiamo cercato di denunciare lo stato delle cose e su questa base proporre una strategia.
Evidentemente, molti continuano a non cogliere che l’esigenza maggiore è quella valoriale e identitaria e che recuperare la specificità del cinema è l’unica strada per non naufragare definitivamente. Il fatto di aver messo alla base del discorso l’etica e la legalità è passato pericolosamente inosservato.
Il Forum No Logo ha cercato di svelare l’imminente esplosione della cinemopoli, aggiungendo che sarebbe avvenuta in un paese che da anni taglia fondi alla sanità, all’istruzione e ai servizi essenziali per i cittadini.
Qualcuno pensa che si possa tornare sulla giostra del finanziamento facile?
Che la manna del tax credit miliardario avrebbe portato a una catastrofe doveva essere chiaro dal giorno in cui venne approvata la Legge Franceschini.
Strano che (quasi) nessuno lo abbia mai detto. L’assenza di controllo, il gran ballo delle fatture e la pioggia di facile denaro sono l’orgia perfetta per le élite ma, quando i soldi finiscono, il luna park chiude i battenti.
Un modo per salvare i capi si trova sempre. Purtroppo però i macrosistemi che gestiscono la produzione e la distribuzione di beni non prendono in considerazione la salvaguardia delle realtà marginali.
Lo sanno la politica e le Istituzioni che, essendo fuori dal mondo, restano comodamente trincerati nei loro palazzi.
Lo sanno i sindacati con i loro fantasmagorici rinnovi di contratto usati come arma di distrazione di massa.
Lo sanno le associazioni delle imprese di produzione e quelle dei big player, che manovrano per salvare gli affari del gruppo dirigente scaricando gli associati. A proposito: c’è ancora chi continua a mandare messaggini intimidatori per evitare che si partecipi al Forum?
Tutti conoscono i motivi di questo silenzio ma nessuno dice nulla.
Come ha scritto Michele Lo Foco nel suo articolo del 2 novembre intitolato “Un paese mafioso”: “Morte del mercato, morte del cinema italiano, morte della verità. Ma nessuno lo dice, perché i grandi devono continuare a ingrassare e i piccoli possono anche estinguersi”.
Le entità della filiera condannate a scomparire sarebbero chiamate a dimostrare la loro rilevanza e sarebbe un impegno da portare avanti evitando due errori: quello di una sterile discussione incanalata su confusi calcoli economici e l’altro, forse ancora più ingenuo, di una burocratizzazione del dibattito su soluzioni fatte di carte bollate.
È evidente a tutti che sono due sentieri, seppure legittimi e doverosi, che non offrono nessuna via d’uscita.
L’intervento del TAR, se anche dovesse avvenire, non risolverà nulla e il blocco produttivo diventerà una costante. Anche solo pensare che tutto possa tornare come prima è pura follia.
Il Welfare, per come lo abbiamo considerato dal dopoguerra in poi, è purtroppo una categoria del passato. Già non abbiamo più un solido Sistema Sanitario Nazionale ed entro 20 anni anche le pensioni saranno un miraggio.
Bisogna contestualizzarsi e tirare fuori le alternative. Ma non possiamo affidare questo compito ai faccendieri e ai furbetti del quartierino i cui nomi sono noti a tutti.
Va detto inoltre che player pubblici e commissioni selettive risentono della lottizzazione dei partiti e sono ormai uno strumento di propaganda o di oscure intese tra vertici.
I grandi gruppi stranieri e i circuiti di offerta (quasi tutti esotici) stanno in Italia perché si gonfiano budget e possono fare profitti senza dover reinvestire.
Al MIC c’è quel buco da 1 miliardo di euro che proveranno a risolvere con metodi “creativi” ma sarà molto complesso riuscire a farla franca.
Il giocattolo si è rotto anche per gli aristocratici.
I conti in tasca al cinema italiano (vedi le tabelle a seguire) testimoniano le dimensioni di uno tsunami che ha lasciato macerie e cancellato prospettive.
Si parla troppo di industria ma a questo punto sarebbe meglio nazionalizzarla, visto che nell’attimo in cui si fermano i finanziamenti pubblici, gli ingranaggi si fermano e la sedicente industria chiude.
La riproposizione di formule stravaganti, superficiali e anti-intellettuali, sarà devastante e ci auguriamo che qualcosa di politicamente concreto si muova al più presto.
Dovrebbe essere chiaro a tutti che siamo in uno scenario che non concede spazio a chiacchiericci sulla gestione dell’esistente.
Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’inchino al boss di turno non basterà a risollevarsi. Solo il rientro nella legalità può garantire sopravvivenza e rilancio.
Dovrebbe essere chiaro a tutti che serve una nuova legge con un preciso piano di sviluppo nel medio e lungo periodo.
Forum No Logo
Per approfondire:
Teoria dello sviluppo economico (1911) di Joseph Schumpeter
Una teoria della giustizia (1971) di John Rawls
Totale finanziamenti pubblici
Fonte: Registro Nazionale degli Aiuti di Stato
Campione di 15 società di produzione
Il periodo indica gli importi totali soltanto relativi al totale dei finanziamenti.
Gli importi dei Tax Credit fanno riferimento a periodi diversi, per lo più dal 2022
Elaborazione dati realizzata con la collaborazione di Vanni Bertini
Per le eventuali inesattezze che ci verranno segnalate sarà nostra premura darne comunicazione e inserire le correzioni indicate.
- La colonna “Altri Tax Credit” si riferisce a:
Tax Credit per la distribuzione in Italia e all’estero di opere cinematografiche e audiovisive - Tax Credit per l’attrazione in Italia di investimenti cinematografici e audiovisivi
- Tax credit produttori esecutivi di opere audiovisive culturali non aventi la nazionalità italiana, DM 15 marzo 2018
Sono stati esclusi i Tax Credit denominati “spese Covid”