A.L.T. – Assemblea Lavoratori Troupe
Noi siamo Dipendenti
A.L.T. è l’Assemblea Lavoratori Troupe nata da un gruppo di persone che ha creduto in un’idea di unione dei lavoratori.
Conta circa 2500 partecipanti al gruppo di discussione incentrato sul rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per le troupe cinematografiche e audiovisive scaduto da 20 anni.
La lettera dell’Assemblea Lavoratori Troupe
Ciao a tutti. Vi diamo del tu, come si usa fare nel nostro ambiente.
Non siamo persone molto formali, si sa. In questo momento state ascoltando le nostre parole ma non le nostre voci. E non potete nemmeno vederci o guardarci negli occhi.
Perdonateci, non è maleducazione, è solo che siamo un Collettivo Anonimo, un gruppo di persone, di addetti alle Troupe cinematografiche italiane, che, da circa un anno e mezzo oramai, ha avuto l’idea strampalata di provare a riunirsi in un’assemblea virtuale e permanente che, in realtà, non c’è.
Sì esatto non c’è… Non c’è, ma esiste. Esiste 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno.
Esiste perché è una semplicissima chat, un gruppo tematico pubblico al quale può accedere chiunque ne abbia interesse, che si trova su Telegram, e che conta ad oggi più di 2.300 partecipanti, Lavoratrici e Lavoratori delle Troupe.
Vi ringraziamo davvero per averci invitati qui, per essere stati i primi, nel corso di tutti questi mesi in cui tanto si è discusso e protestato per la paralisi del settore, ad aver avuto l’intuizione che, forse, un pochino di spazio andasse concesso anche a noi, per dire la nostra. Sì, anche a noi, i Lavoratori.
Quelli là che servono per farlo il film, quelli che lo fanno con le loro mani proprio. Il nome che avete scelto per il Forum: Il Cinema NON Dipendente. Calza a pennello con la situazione generale, e ne descrive il senso in modo impeccabile.
Purtroppo però a noi rimane un piccolo prurito, un sassolino nella scarpa che ci impedisce di essere perfettamente a nostro agio qui insieme a voi, nonostante ci piacerebbe.
A malincuore dobbiamo ammettere di sentirci una “stranezza”, fuori luogo, quasi un’anomalia. Perché? Perché noi, invece, siamo proprio DIPENDENTI, Dipendenti nel senso che lavoriamo come dipendenti per le case di produzione. Una volta per questa, una volta per quell’altra, chissà se poi mi richiamano, ecc.. ecc..
Assunti sempre a tempo determinato e soltanto per il periodo necessario.
Dipendenti quindi, MA, allo stesso tempo, privi di molti di quei diritti e di quei vantaggi di cui godono tutti gli altri lavoratori dipendenti, nel mondo del lavoro in Italia. E, ovviamente, senza avere nemmeno quelli che contraddistinguono i lavoratori autonomi.
Siamo tutti cittadini, dipendenti e contribuenti, a volte dolorosamente dipendenti, spesso dolorosamente contribuenti, e, in questo caso anche insieme a voi, tutti quanti dipendenti da quelle istituzioni che decidono per noi e per il bene del Paese.
Ecco, si sente sempre parlare di autori, di registi, di attori, di produttori, di incassi…
Be’, volevamo ricordarvi che chi vi sta parlando rappresenta praticamente la metà del costo di un film, su per giù. E siamo quella metà del budget di un film che, senza dubbio, restituisce alle casse dello stato il 30, 40, anche 50 percento del proprio stipendio per la previdenza sociale e quant’altro. I numeri Istat e INPS sembrerebbero dire che, tutto sommato, non siamo poi così tanti, però, evidentemente, siamo gli unici capaci di svolgere un mestiere così altamente specializzato come il nostro.
Attenzione, non facciamo confusione con quella che viene detta “l’eccellenza delle maestranze”. “Altamente specializzati” non significa che sappiamo fare le cose più belle. “Altamente specializzati” vuol dire che sappiamo come si fanno le cose. Si dice che “nel cinema i tempi sono tutto”? Sembra una sciocchezza, ma quanti minuti preziosi si rischia di buttare al vento altrimenti, in preparazione, sul set, o in post-produzione, senza il nostro saper fare? E voi lo dovreste sapere bene quanto costa, per esempio, un minuto di riprese, no? Quindi, riassumendo: Dipendenti Precari Altamente Specializzati. Mica male. Da vent’anni a questa parte, da quando il nostro Contratto Collettivo Nazionale è scaduto, abbiamo potuto conoscere un progressivo affermarsi di deregolamentazione, assenza di controlli, abbandono, dove sostanzialmente il più forte vince.
A volte però il più forte è quello che lavora 14 ore al giorno dal lunedì al venerdì, di giorno, di notte, in sede, in mica sede.. E pure il sabato ogni tanto, quando serve.
Non vuole essere uno sfogo questo. È la constatazione della realtà.
Adesso però, volendo guardare avanti e non indietro, veniamo alla parte propositiva del discorso, che per fortuna è la pietra angolare di questo Forum.
Considerando che di istituzioni noi ne abbiamo ben 2 sopra la testa, ossia prima i sindacati che ci rappresentano, e secondo poi il governo, vorremmo fare un doppio appello. Il primo è rivolto ai nostri sindacati, e con loro anche alle associazioni maggiormente rappresentative dei produttori, che insieme, in 20 anni di estenuanti trattative, non sono ancora riusciti a trovare un accordo. Un accordo ancora mai trovato la cui assenza però si è fatta ben sentire sulle nostre spallucce, così come sulla qualità delle nostre vite.
Un appello dunque a mettersi una mano sulla coscienza, e a cercare di impegnarsi un pochino di più, e con più trasparenza e apertura, nei lavori per la trattativa di ‘sto benedetto rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale.
Anche perché il contratto che serve adesso, rispetto a quello del 1999 con cui ancora veniamo assunti e retribuiti, ha bisogno di un vero e proprio restyling, una robetta per niente da poco. Le cose sono ben cambiate.
Roma non è più il centro del mondo e, oltre alla questione dei salari minimi, che è la prima cosa che viene in mente, oltre alla questione normativa che è la seconda, e che però viene in mente solo ad alcuni, c’è anche una terza cosa che ha bisogno di un intervento innovativo decisamente massiccio, proprio alla luce di quello che abbiamo potuto vedere e vivere sulla nostra pelle per questi 20 anni.
Serve una revisione approfondita della parte del contratto che disciplina le relazioni sindacali. Va riscritta proprio da capo. Una revisione che preveda il reale coinvolgimento dei lavoratori, ad oggi di fatto inesistente, attraverso un sistema pensato ad hoc per il settore, e che va studiato proprio bene bene, perché la natura per nulla statica del nostro ambiente di certo non aiuta, anzi, proprio per questo necessita di maggiori e più oculate tutele.
Il secondo appello invece è rivolto a chi, se mai accadrà, metterà le mani su quel decreto del Ministero della Cultura tanto criticato. Ecco, a noi piacerebbe che, oltre a come poter accedere al finanziamento, e a come poi sbloccarne l’erogazione, oppure a quanto al massimo si può spendere per il regista, quanto si può spendere per l’attore, a quanto può tenersi il produttore, magari a qualcuno venisse in mente di scriverci sopra che è obbligatorio anche che una parte del finanziamento, per carità del cielo, non diciamo proprio la metà precisa come abbiamo detto prima, ma una buona parte sia destinata solo e soltanto ai costi degli stipendi di tutto quel personale, assunto per quel film a tempo determinato, che, per forza di cose, facendo due più due, esisterà.
Anzi esiste proprio in carne ed ossa.
Non quindi come A.L.T., che esiste ma non esiste. A.L.T. però non è soltanto un gruppo di burloni, magari anche un po’ ignoranti e insolenti. È una compagine di lavoratori di questo settore che si è voluta unire, impegnandosi seriamente nel tentativo di informare tutti i propri colleghi sullo stato delle trattative per il rinnovo del CCNL, che, come è noto, ha potuto vedere la sua firma più recente soltanto nel millennio scorso, nel 1999.
Riteniamo che questa sia una vergogna, e che lo sia per tutti: dipendenti e non dipendenti. Un segno inequivocabile della scarsa considerazione di tutti i referenti istituzionali nei confronti di un settore industriale sempre più globalizzato ed al contempo strategico per il nostro Paese.
Abbiamo cominciato così, quasi per gioco: ad informare, a divulgare, verso tutti, in particolare per i giovani, che negli ultimi due o tre anni hanno infoltito numerosi le fila di tutti i reparti, e che non comprendono il linguaggio complicato con il quale si esprimono, quando si esprimono, i sindacati, e che non conoscono la storia che ci ha portati fino a qui.
Insomma, siamo quelli là, quegli arroganti saccentoni, e anche un po’ facinorosi a dire il vero, che ne hanno combinate di tutti i colori.
Come ad esempio distruggere l’unitarietà dei loro stessi sindacati, o come intralciare i lavori per il rinnovo mettendo i bastoni tra le ruote addirittura alle delegazioni dei lavoratori, loro colleghi.
La brutta copia di un incrocio tra dei dissidenti anarchici degli anni settanta e un gruppo armato integralista religioso. Ma decisamente più scemotti e meno pericolosi.
Be’, guardate, pericolosi non lo siamo di sicuro, e speriamo, un giorno, di poter dire anche nemmeno tanto scemotti.
Ora, ci dispiace un po’, ma non possiamo ringraziarvi per averci ascoltato dicendovi: … Grazie! Ci vediamo presto!”.
Vi dovrete accontentare, e non vogliatecene, di un più semplice, ma altrettanto genuino e amichevole
“… Grazie! A presto”.
Con stima,
A.L.T. – Assemblea Lavoratori Troupe